Credo che ogni persona al mondo si ritenga etica, eppure, soprattutto quando si parla di etica professionale, mi rendo conto che in molti non fanno che parlare di quanto siano etici pur non essendoli davvero.
L’etica professionale online poi, con l’aumento esponenziale delle professioni digitali, sembra essere diventata un concetto molto soggettivo e malleabile.
L’etica ha a che fare con il comportamento umano di fronte a concetti assoluti come il bene e il male. Per questo penso che l’etica in sé – anche quella professionale – possegga alcune caratteristiche imprescindibili e universali, che non dovrebbero essere plasmate a seconda dell’opportunità (o dovrei dire opportunismo).
Inciampo spesso in professionisti che reputo disetici, ma altrettanto spesso mi imbatto in altri che elevano l’etica professionale oltre il dovuto e che, così facendo, boicottano il successo del loro business.
È etico vendere?
Tra le mie clienti ho tante imprenditrici che faticano a promuoversi, soprattutto sui alcuni canali.
In particolare capisco quando mi dicono di aver difficoltà a comparire sui social, a “metterci la faccia”, ma non capisco quando mi dicono “mi sembra brutto” o addirittura “non è etico”.
Perché non sarebbe etico?
Sai cosa non è etico, secondo me? Far lavorare qualcuno, chiunque, e non pagarlo.
Parlare del tuo lavoro e anche dei tuoi prodotti per farli conoscere e venderli, è rispettabile, normale e professionalmente etico.
Certo, c’è modo e modo di farlo – e non mi riferisco soltanto all’insistenza o alle cattive strategie di marketing – ma anche al tipo di informazioni che si danno e come lo si fa.

L’etica nella comunicazione professionale.
Nella comunicazione di qualsiasi brand dovrebbero sempre rientrare alcuni valori che per me sono la base – il minimo sindacale – di un’etica professionale:
- Verità.
Hai presente le pubblicità ingannevoli? Mi riferisco a quelle in cui si descrive un prodotto meglio di quanto sia nella realtà, oppure pagine web piene di entusiastiche recensioni fasulle.
Ce ne sono tante in giro, noi evitiamo di contribuire ad aumentarne il numero, vero?
- Rispetto.
I tuoi clienti sono persone.
Qualunque sia il loro grado d’istruzione o cultura, sono anche intelligenti.
Non prenderli in giro, non trattarli come se fossero dei totali imbecilli nelle tue case history (come ci rimarranno se si riconoscono? E se pure la tua è una storia romanzata o inventata, i tuoi potenziali clienti non lo sapranno e penseranno che parlerai così anche di loro, quindi lo eviteranno. Come? Non compreranno da te).
In più, come tutti hanno una vita di cui tu non sai proprio nulla e di certo se si rivolgono a te è perché non possono fare da soli ciò che sai fare tu. Il tuo non è il loro mestiere, è possibile che non siano informati sui dettagli, che non comprendano tutto ciò che dici. Ma ricordati che non sono stupidi: essere chiara, limpida e corretta ti ripagherà.
È etico triggerare i potenziali clienti?
Si dice che le strategie di marketing più efficaci siano quelle che fanno leva su pain pont e trigger.
In pratica parliamo di quei testi e speech in cui:
– Si amplificano i problemi che ha un determinato target per aumentarne la frustrazione e, sì, anche il dolore emotivo.
– Si fa riaffiorare consapevolmente nella mente dei potenziali clienti un trauma, un evento spiacevole e il dolore a esso legato.
Queste sono pratiche molto utilizzate nel copywriting per spingere le persone a compiere un’azione specifica: comprare.
Come si ottiene questo risultato?
Dopo aver aumentato la sensazione dolorosa nel lettore, gli viene offerta una soluzione sottolineando i benefici che otterrà acquistando quel determinato prodotto e descrivendo come cambierà la vita di chi l’acquisterà.
Se si conoscono bene i prospect, questi metodi funzionano.
Sono strumenti etici?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare una distinzione tra la persuasione e la manipolazione, perché se ci pensi persuadere non è sbagliato se lo fai con le giuste argomentazioni e con onestà professionale.
Manipolare, invece…

Ecco che la risposta a “è etico triggerare i potenziali clienti?” è “sì, se lo fai con etica professionale”.
Domande da porti se sei una professionista etica.
Il neuromarketing e il marketing in generale hanno uno scopo che non vale la pena negare: vendere, o comunque indurre qualcuno a compiere un’azione. E non un’azione qualunque ma quella che noi vogliamo che compia.
Per vendere dobbiamo tutte convincere qualcuno a comprare, sei d’accordo?
Convincere le persone ad acquistare da te, significa anche:
– Usare le parole giuste per avvicinarle, le stesse che utilizzano loro (perché tu conosci il tuo target anche se lui non conosce ancora te!).
Perché le usi, però? Solo per far piacere a loro o perché queste parole magiche hanno un significato anche per te?
– Fare leva sui pain point e trigger, ne abbiamo parlato qualche riga fa e abbiamo detto che lo facciamo tutte.
Ma come lo fai? Esageri fino a far sentire i tuoi potenziali acquirenti come dei miserabili, oppure hai a cuore la loro salute mentale?
È vero che spesso chi ti dice “non posso comprare perché non ho soldi” sta mentendo, ma se per una volta non si trattasse di una scusa? Non sappiamo precisamente chi ci sta leggendo e noi abbiamo una responsabilità, ovvero prenderci cura anche delle persone più fragili, perché qualsiasi cosa scrivi o comunichi è una tua responsabilità.
Ricordati che Johnny Depp ha querelato la moglie per un articolo che non lo nominava ma che gli ha rovinato la vita.
– Dipingere una trasformazione, a seguito del beneficio ottenuto dall’acquisto di un tuo prodotto. Perché illustrarne una fuorviante, esagerata o falsa?
Qui torniamo al concetto di pubblicità ingannevole: perché mentire? Vuoi ottenere recensioni al fulmicotone in post vendita?
Ti vengono in mente altri comportamenti eticamente scorretti per una professionista? Raccontameli e aggiornerò l’articolo citandoti.
Il decalogo della professionista etica secondo Shebiz.
Online ho trovato diversi decaloghi sul lavoro etico, ma molti erano riferiti a un lavoro dipendente. Così ho deciso di scrivere il decalogo della professionista etica secondo Shebiz, e per farlo mi sono confrontata con alcune imprenditrici che sono anche amiche e che ringrazio perché sono sempre costruttive, disponibili e collaborative: parlo di Virginia Ursi e Alessandra Paolucci, se trovi due colleghe così tientele strette!
- Fai gli interessi del tuo cliente.
Sii onesta: se ti viene richiesto di eseguire un compito che esula dalle tue competenze o che svolgeresti in modo mediocre, dillo chiaramente ed eventualmente consiglia un professionista che possa soddisfare questa esigenza al meglio.
- Resta umile, sarà apprezzato.
Sono sicura che nel tuo lavoro sei un drago, ma evita di fare troppo la splendida e non fingere di saper fare qualcosa che non sai fare.
Riconoscere le tue lacune non è una sconfitta, ma un’occasione per imparare qualcosa di nuovo e crescere.
- Prometti solo ciò che puoi mantenere.
- Rispetta i colleghi, anche i competitor.
Parlare male dei concorrenti non ti aiuterà a sembrare migliore di loro, piuttosto spendi le tue energie nel diventare effettivamente la migliore.
- Rispetta le deadline, a meno che non ti sia morto il gatto. E se proprio non riesci a rispettarle, avvisa il tuo cliente per tempo e posticipatele insieme.
- Sii sempre coerente con quello che sei, davanti al pc come davanti a uno spritz.
- Rispetta i tuoi clienti.
Forse a volte sembrerà che non capiscano i tuoi punti di vista o fatichino ad affidarsi completamente, ma sono perfettamente in grado di capire. Spiega loro sempre tutto in modo chiaro, falli sentire accolti e rendili partecipi di ciò che fai per loro.
- Instaura collaborazioni virtuose.
Costruisciti una rete di professionisti che abbiano valori che condividi e soprattutto li rispettino.
- A prescindere dalle leggi sulla privacy, mantieni la massima riservatezza su tutte le informazioni private di cui ti renderanno partecipe.
- Guarda cosa fa quella competitor che tutto è tranne che etica (e su, lo so che ne conosci almeno una) e fai l’esatto opposto.
E ora vai amazzone, mostra a tutti cosa significa etica professionale!
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